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Il dolore del mare – Torta d’erbe di Elvira

Il mare accumula il suo dolore al largo e poi lo infrange a riva, in un moto continuo del quale non si stanca mai.

In queste settimane, senza volerlo, mi capitano libri immersi nel sapore dell’acqua salata. Si tratta di letture insulari in cui l’isolamento geografico rispecchia la solitudine dei protagonisti.

Sulla Palmaria, popolosa isola spezzina che nella realtà conta una trentina di abitanti, vive Elvira, una giovane donna che a 20 anni porta il peso di molti lustri di più. Il vuoto lasciato dal marito morto nella Prima Guerra Mondiale è stato felicemente colmato dal loro figlio Ermes. Ma sulla sua tranquillità incombe la dittatura fascista e lo sfacelo della guerra di Spagna. Tanto dolore, troppo per una giovane vita. L’angoscia che affligge Elvira assume per ogni abitante sfumature diverse: è la rabbia di Ilio, socialista, di fronte al declino della democrazia; c’è l’ambizione di Argìa di lasciare il proprio paese per una vita migliore; c’è la maestra Alina che vive la nostalgia di un amore mai vissuto.

E il mare è lì, narratore onnisciente delle sofferenze del mondo.

Alberto Cavanna di mare se ne intende. Ce l’ha nel DNA da generazioni, lo conosce per lavoro e continua ad viverlo per passione, oltre a tratteggiarlo come indiscusso protagonista dei suoi libri. Il dolore del mareambientato proprio nella sua Liguria, è stato candidato al Premio Strega nel 2015 ed è edito per Nutrimenti Edizioni.

Elvira nella sua quotidianità, velata di tristezza, si dedica alle faccende di casa e alla cucina. Mentre discorre con il cognato Ilio prepara una torta d’erbe, con la sfoglia rigorosamente tirata a mano.

 

Il dolore del mare

Il dolore del mare -Torta d’erbe

Lei non rispose nulla e si mise a pulire la verdura nell’acquaio per preparare una torta d’erbe da mangiare dopo la zuppa di legumi. D’altronde quella dove stava da anni era la casa del fratello di suo marito e lei era lì come ospite fino che a lui fosse garbato così. Meglio tacere, intanto non sarebbe cambiato nulla se non in peggio e non era proprio il caso coi tempi che erano.

“Domattina accendetemi il forno, per favore” gli chiese cambiando discorso.

Alberto Cavanna, Il dolore del mare, Roma, Nutrimenti edizioni, 2015.

Ingredienti:

  • 1 rotolo di pasta sfoglia
  • 250 g di ricotta (in Liguria si usa per tradizione la prescinseua)
  • un mazzo di bietolone o spinaci (in Liguria si usa il prebuggiun)
  • 1 uovo
  • un cucchiaio di parmigiano
  • 1 cipolla
  • uno spicchio di aglio
  • maggiorana secca o fresca
  • olio
  • sale e pepe

Preparazione:

  • Mondate e lavate le verdure. Essendo tenere non occorrerà bollirle, lasciatele quindi stufare con olio, aglio e cipolla in una padella senza coperchio. Se buttassero troppa acqua, aumentate la fiamma. Lasciate raffreddare.
  • In una ciotola sbattere l’uovo con una forchetta. Incorporate la ricotta, aggiungete maggiorana secca, parmigiano, le verdure ed un goccio d’olio. Srotolate la pasta sfoglia, adagiatevi il composto, ricoprite con la pasta.
  • In forno a 200 ° per mezz’ora.

I fantasmi del cappellaio – Scaloppine di pollo

Un grande Simenon ne I fantasmi del Cappellaio.

Monotona, tediosa, quasi banale la vita di un cappellaio di provincia. Non sa che il suo male ha radici profonde, infestanti e, all’improvviso, deflagrerà.

A Simenon non interessa farci scoprire l’assassino. Anzi, ce lo presenta quasi subito. Piuttosto mostra il suo lento cambiamento, quella pazzia controllata che gli fugge di mano. 

Attraverso una ritmo serrato che ricorda l’uomo braccato – dalla polizia e da se stesso – veniamo lentamente portati ad identificarci col piccolo sarto dirimpettaio. L’unico, insieme al lettore, a conoscere la verità.

La presenza di ben due stesure, oltre alla versione definitiva, rende questa edizione un vero gioiello.

E come potete notare, ho un debole per i cappellai letterariFigura lavorativa divenuta una rarità, un tempo affascinava i grandi scrittori: Flaubert, Cronin. Visitate il link per leggere quel capolavoro de Il Castello del Cappellaio di Cronin.

I fantasmi del cappellaio

ll signor Labbé scelse con cura i tavolo, come se non fosse un cliente occasionale ma contasse di diventare un habitué. Il menu era scritto su una lavagna e i tovaglioli dei clienti più assidui venivano riposti in certe casello di legno verniciato.

A pensarci bene, era la prima volta in quindici anni che mangiava al ristorante. Il padrone lo guardò un po’ sorpreso e si avvicinò al suo tavolo.

« A che dobbiamo l’onore signor cappellaio? ». Forse aveva dimenticato il suo nome, ma sapeva che era il cappellaio di Rue Minage.

« È che oggi sono senza domestica ».

« Henriette! » chiamò il padrone girandosi verso la cameriera. E aggiunse: « Abbiamo scaloppine all’acetosella e, con un piccolo supplemento, lumache di Borgogna ».

« Prenderò le lumache ».

Che sensazione piacevole! Si sentiva come sospeso, con dentro qualcosa di aereo, di fluttuante. La gente, le voci, gli oggetti, niente gli sembrava del tutto reale.

« Mezzo litro di Beaujolais? ». « Perfetto ».

Simenon, Georges, I fantasmi del cappellaio, Milano, Adelphi, 2012

 

Scaloppine di pollo – I fantasmi del cappellaio

Il cappellaio Labbé dopo aver compiuto il suo delitto, si reca in trattoria a cenare. Il menu prevede lumache e scaloppine all’acetosella, un’erba aromatica molto usata in Francia. Cresce spontaneamente nei boschi e presenta un sapore acidulo. Siccome mi è stato difficile reperirla, ho optato per delle scaloppine all’ananas e limone, la cui acidità può sostituire l’erba aromatica. Al ristorante mangerà lumache, ma porterà a casa le scaloppine per la “moglie”.

Ingredienti per 4 persone:

  • 600 g petto pollo a fette
  • 400 g ananas a fette
  • un bicchiere di porto o marsala (100 ml)
  • il succo di un limone
  • 2 cucchiai di farina
  • 1 spicchio di aglio
  • 2 rametti di prezzemolo
  • 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva
  • 1 cucchiaino di curry
  • sale, pepe

Preparazione:

  1. Lavate le fettine di pollo, asciugatele con della carta assorbente. Infarinatele.
  2. Scaldate l’olio in una padella. Rosolatevi lo spicchio d’aglio per un paio di minuti.
  3. Eliminate l’aglio e adagiatevi le fettine. Fatele dorare bene, rigirandole. Bagnate con il succo di limone, pepate e cuocete a fiamma viva per 5 minuti. 
  4. Aggiungete le fette di ananas tagliato a pezzettini. Diluite il curry nel bicchiere di porto, versatelo nel tegame, abbassate il fuoco. Coprite con un coperchio e lasciate cuocere per 10 minuti.
  5. Servite con una spolverata di prezzemolo tritato.

 

L’Amica Geniale – Pizza con la ricotta

Ieri sera finalmente hanno trasmesso la prima puntata de L’amica geniale

Già il trailer era effettivamente accattivante; la fotografia e la scenografia apparivano perfette. Tutto lasciava ben sperare. 

Che dire del libro più di quanto non sia già stato fatto? Lila è l’amica geniale. Ha imparato da autodidatta non soltanto a leggere e a scrivere, ma persino il latino e il greco antico. Elena è sì bravissima a scuola, ma ha bisogno di tempo e di pratica per applicarsi. La loro amicizia è raccontata con lo sguardo di Lenù che prova gelosia, invidia per un’amica inarrivabile, ma anche tantissimo affetto. Ad una Napoli ostile, riluttante, difficile, arrabbiata, violenta, Lila si arrende. O almeno così pare nel volume primo

Qualche giorno prima di andare al liceo classico, il padre di Elena le mostra la sua futura scuola e il tragitto da percorrere. È l’occasione per la ragazza di conoscere una città nuova, scoprire un lato del carattere del padre che non conosceva e, soprattutto, raccontare tutto a Lila. Per strada ha anche modo di mangiare una pizza bollente con ricotta, specialità che in questa occasione ha un sapore tutto speciale.

l'amica geniale

 

Mi mostrò piazza Carlo III, l’albergo dei poveri, l’orto botanico, via Foria, il Museo. Mi portò per via Costantinopoli, per Port’Alba, per piazza Dante, per Toledo. Fui sopraffatta dai nomi, dal rumore del traffico, dalle voci, dai colori, dall’aria di festa che c’era in giro, dallo sforzo di tenere tutto a mente per poi parlarne con Lila, dall’abilità con cui lui chiacchierava col pizzaiolo da cui mi aveva comprato una pizza bollente con ricotta, col fruttivendolo da cui mi aveva comprato una percoca molto gialla. Possibile che solo il nostro rione fosse così pieno di violenze, mentre il resto della città era radioso, benevolo?

 

Ferrante, Elena, L’Amica Geniale, Roma, edizioni e/o, 2011

Pizza con la ricotta – L’Amica Geniale

Ingredienti:

  • 500 g farina 0
  • 300 ml acqua
  • 10 g lievito birra
  • 1  pizzico di sale
  • 300 g ricotta
  • una ventina di pomodorini ciliegino
  • 30 g filetti di acciughe
  • origano
  • sale, pepe

Preparazione:

  • In una spianatoia mettete la farina a fontana. Aggiungete l’olio e il lievito di birra precedentemente sciolto in acqua tiepida. Impastate aggiungendo gradatamente l’acqua e il sale. Fate riposare 18-20 ore in frigorifero.
  • Stendete la pasta. Lavorate la ricotta con l’origano e il pepe. Spalmatela sulla pizza e aggiungete i filetti di acciuga e i pomodori tagliati a rondelle. 
  • In forno a 200° per 15/20 minuti. Servite caldo.

 

Trovate qui altre recensioni e ricette delle edizioni E/O.

Rocco Schiavone – Calamari ripieni

Ieri sera si è conclusa la seconda stagione di Rocco Schiavone su Rai 2. Devo ammettere che mi sono appassionata ai libri di Manzini un paio di anni fa, proprio dopo aver visto l’interpretazione di Marco Giallini. 

E ora? Nell’attesa della terza serie (hanno detto che si farà!), andrò a riguardare le repliche su Rai Play. Nel frattempo mi consolo con questi calamari ripieni (ricetta di famiglia) tratti proprio dal libro di Manzini.

Rocco Schiavone

Sono ben cinque le storie che l’allievo di Camilleri, oramai scrittore e attore affermato, ha pensato per Rocco Schiavone nel periodo precedente il suo trasferimento ad Aosta. In ognuna traspare l’indole intransigente e ruvida che lo spinge a seguire sempre la propria coscienza.

Lo sappiamo, la giustizia secondo Rocco va oltre i comma di un codice penale.

A Ferragosto, storia che ritroviamo anche in Ferragosto in giallo edito sempre da Sellerio, ad Ostia una macchina irrompe in una banca. Malvolentieri, il nostro vice questore si reca sul luogo dell’accaduto insieme ad Elena, la collega. Gli consigliano il ristorante “Poisson de mer”. Ma a Rocco, il pranzo non va giù, tanto era scadente. Daje Rocco, che i miei calamari sono più buoni di quelli che hai mangiato al “Poisson de mer”.

Rocco Schiavone

Poisson de mer in realtà era il ristorante di uno stabilimento. Tutto sembrava tranne che uno stabilimento. Il pavimento in pietra arenaria nera, i muri color cioccolata e una serie di tavolini grigi rivestiti di una striscia di cotone bianco e un vaso con un’orchidea. Aveva la stessa personalità di una hall di un Novotel a Cracovia. Un’enorme vetrata dava sulla spiaggia. Qui e lì si vedevano spuntare come funghi le teste degli ombrelloni. Che non erano di stoffa, ma di foglie di palma intrecciate. Era la moda dei lidi come Riccione, Rimini o anche Ostia quella di dare un tocco esotico alla spiaggia per cercare di fare dimenticare lo squallore di un mare sporco, inutile e tetro come un cielo di novembre. C’erano solo quattro clienti con lo sguardo spaurito. Non deponeva a favore.

E infatti. Il solerte cameriere, convinto di essere in forze in un ristorante pluristellato, aveva servito la pasta alle vongole, scotta e piena di sabbia, dentro dei grossi bicchieri da cocktail. Il calamaro ripieno invece in una scatola di legno. Avrebbe fatto migliore figura avvolto in una carta stagnola della Brooklyn, data la sua consistenza gommosa. Il vino imbarazzante e caldo. E mentre pagava i 98 euro del conto, Rocco decise che gli avrebbe mandato i Nas e la finanza. Non necessariamente lo stesso giorno.

Manzini, Antonio, Cinque indagini romane per Rocco Schiavone, Palermo, Sellerio, 2016

 

Calamari ripieni

Dopo i calamari fritti di Erri De Luca, vi propongo un’altra ricetta di pesce.

Ingredienti per 4 persone:

  • 8 calamari di medie dimensioni, inclusi i tentacoli
  • 1 confezione di polpa di pomodoro
  • 2 uova
  • 1 cipolla
  • mezzo mazzo di prezzemolo
  • aglio (a piacere)
  • 8 cucchiaini di pinoli
  • 8 cucchiaini di pangrattato
  • 4 cucchiaini di parmigiano reggiano
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • 1 foglia di alloro
  • timo
  • olio extra vergine di oliva
  • sale

Preparazione:

  • Lavate bene i calamari. Spellateli, facendo attenzione a non romperli perché altrimenti il ripieno rischia di fuoriuscire in cottura.
  • Tagliate i tentacoli piccolissimi. Soffrigeteli in padella con un filo d’olio. Mettete il coperchio: l’acqua del calamaro aiuterà la cottura. 
  • Nel frattempo in una ciotola preparate il ripieno. Mescolate pangrattato, pinoli, prezzemolo sminuzzato, uova , parmigiano, aglio tagliuzzato, i tentacoli cotti e da ultimo le uova sbattute. Amalgamate bene. 
  • Riempite i calamari per 1/4 della loro lunghezza. Chiudeteli con uno stuzzicadenti. 
  • Non preoccupatevi se vi avanza del condimento. Anzi! Aggiungetelo al pomodoro, darà un sapore più intenso ai nostri calamari.
  • In un tegame capiente, affettate la cipolla e appassitela con l’olio. Aggiungete i calamari. Dorateli da ambo le parti. Irrorate di vino bianco e fate evaporare. 
  • Versatevi il ripieno avanzato. Fate insaporire qualche istante, Quindi versate la polpa di pomodoro. Aggiustate di acqua- se occorre- e di sale. Ricordatevi la foglia di alloro e il timo. 
  • Cuocete a fuoco moderato con il coperchio per un’oretta circa. Eventualmente verificate con uno stecchino la loro cottura.

 

Dimenticare Palermo – Caponata di melanzane

 

Una New York modaiola, superficiale, ipocrita, viene duramente tratteggiata dalla narratrice ne Dimenticare Palermo, una giornalista italiana che lavora in quella città d’oltreoceano.

Quel sentore di un fasto borghese già vissuto ne Il Grande Gatsby Gli Indifferenti, domina la prima parte del romanzo e sublima nella Sicilia degli anni precedenti il secondo conflitto mondiale. Una terra incontaminata, calda, rigogliosa, genuinamente accogliente, si staglia contro un mondo elitario, freddo, che rispecchia la spigolosità dei suoi grattacieli.

Due realtà culturalmente distanti, arriveranno a convivere separatamente nella Grande Mela. La metropoli americana ospita quella gente fuggita dal sud Italia per necessità e disperazione. O semplicemente per dimenticare.

Ma quella nostalgia siciliana, descritta con amorevole dolcezza dalla protagonista, finirà per naufragare tragicamente proprio a Palermo.

Dimenticarla, dunque? “La Sicilia, signor Bonavia, la Sicilia…”

Impossibile dimenticare Palermo.caponata

“Pronto… È lei che si firma Gianna Meri?… Io vivo nel Kentucky… Che cos’è esattamente la caponata? Dopo aver visitato Segesta bisogna veramente fare una deviazione di quaranta chilometri per andare fino a quella trattoria di cui è la specialità?”

Insistevo. Incoraggiavo.

“Come… Come? Lei non ha mai assaggiato quel piatto?… Ma è il caviale dei siciliani!”

Dolcemente, fermamente, suscitavo l’indispensabile complesso. All’altro capo del filo, la signora del Kentucky si sentiva squassata da un sentimento che non riusciva a esprimere. Allora mischiavo per quella sconosciuta olive e pomodori… Mettevamo piede insieme nell’isola lontana. Tagliavamo a lamelle sottili le melanzane. Più sottili… Più sottili… Mai abbastanza sottili. Aggiungevo il basilico… Il che cosa? il basilico, appena colto, tutto odoroso e ancora caldo di sole. “

Charles-Roux, Edmonde, Oublier Palerme, Paris, Editions Bernard Grasset, 1966.

Traduzione italiana Liliana Magrini, Dimenticare Palermo, Milano, Bompiani Editore, 1967.

Caponata – Dimenticare Palermo

Ingredienti:

  • 4 melanzane lunghe
  • 500 g polpa pomodoro
  • 3 cucchiai passata pomodoro
  • 100 g olive verdi denocciolate
  • 1 cipolla grossa
  • 2 coste sedano
  • 1 cucchiaio capperi
  • 1/2 bicchiere aceto di vino bianco
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • sale, pepe
  • olio extra vergine
  • olio per friggere

Preparazione:

  1. Lavate e tagliate a tocchetti le melanzane con la buccia e mettetele sotto sale per circa 2 ore.
  2. A parte in un tegame soffriggete la cipolla in abbondante olio evo. Aggiungete la passata di pomodoro e la polpa, il sedano a tocchetti, capperi e olive. Aggiustate di sale e pepe. Cuocete a fuoco lento.
  3. Quando il sugo sarà pronto, incorporate zucchero, aceto e fate evaporare.
  4. Strizzate le melanzane, tamponatele con della carta assorbente. Friggetele in abbondante olio.
  5. Unite le melanzane alla salsa e lasciatele insaporire per qualche minuto sul fuoco. Lasciate raffreddare la caponata prima di servire.